Quando la memoria si cancella per far posto al profitto

Paolo Balzari

di Paolo Balzari – Vice Presidente Il Noce

C’erano una volta le Officine FFS di Bellinzona: un luogo che non era solo industria, ma identità collettiva. Nel 2008 la città si fermò, operai e famiglie insieme, per difendere quel cuore. Quell’energia civica oggi sembra lontana, mentre sul medesimo sedime avanza il cosiddetto nuovo Quartiere Officine: rendering curati, parole come “sostenibilità” e “innovazione”, ma un vuoto di senso che stride con la storia.

Promesse pubbliche, resa privata

Nel 2018 la Città versò 20 milioni per la nuova sede industriale a Castione (MM 121, 22 ottobre 2018), dietro promesse di posti di lavoro, formazione e un polo tecnologico. Brenno Martignoni Polti, due anni dopo, nel suo rapporto di minoranza (27 marzo 2023), aveva già messo in fila i nodi: promesse non mantenute, vincolo politico-amministrativo fra Cantone–FFS–Comune (“patto d’acciaio”), e un via libera chiesto “a cambiale in bianco” su aspetti decisivi come proprietà, ricavi, plusvalenze.

Non è un dettaglio tecnico: significa decidere il futuro del comparto senza definire chi possiederà cosa, chi incasserà cosa, come saranno gestiti gli immobili e se vi saranno cessioni a terzi/privati. È la differenza tra bene pubblico e operazione immobiliare.

L’effimera astronave (2020)

Già nel novembre 2020, Martignoni – allora da ex sindaco – definiva quel disegno come un’“effimera astronave” atterrata nel cuore di Bellinzona: scenografica, sì, ma senza radici. Il pezzo su laRegione sottolineava la mancata scelta di un vero uso pubblico (ricerca, cultura, formazione), trasformando un’occasione storica in un quartiere di facciata.

Posteggi, mercato e un’anima che non c’è

Il rapporto di minoranza contestava anche il baricentro posto sui posteggi, più funzionale al mercato che a una città “a misura d’uomo”, e richiamava la proposta di quartiere senz’auto (ATA, 27.02.2023). Non per ideologia, ma per coerenza: se rigenerazione dev’essere, che lo sia davvero.

Negozi nuovi, vetrine vuote

C’è un paradosso che salta agli occhi: con quale coraggio si immaginano nuovi spazi commerciali quando, da viale Stazione, le serrande si abbassano? Prima delle nuove gallerie, servono persone: turismo, eventi, manifestazioni, cultura, un’agenda condivisa che riaccenda il centro. Senza flussi di vita, ogni locale nasce destinato al vuoto.

La città come museo vivo (e non come slogan)

Martignoni aveva indicato un’altra via: un luogo di dominio collettivo, capace di raccontare un secolo di lavoro – un “museo vivo” come il Museo dei Trasporti o il Technorama, connesso a formazione e ricerca. Niente nostalgia: valorizzazione. Oggi, invece, la memoria rischia di essere decorazione.

Dopo il TRAM: si “prende atto”, ma di cosa?

La recente sentenza del TRAM ha annullato la decisione del Consiglio comunale sul Piano particolareggiato, anche per insufficienze informative sugli aspetti finanziari. La reazione politica? “Fare quadrato”, “prendere atto” e assicurare che la volontà politica resta invariata. Il punto è proprio questo: si accelera su un progetto senza risposte chiare sulle questioni che contano.

Quando la politica dimentica la città, tocca ai cittadini ricordargliela.